La partita decisiva si giocherà domani, quando i ministri dell’Ambiente dell’Ue dovranno dire sì o no al regolamento che mette al bando i motori termici entro il 2035 e alla deroga sui carburanti sintetici (gli e-fuel) strappata a Bruxelles dalla Germania. Scontato il no italiano, che aveva puntato tutto sui biocarburanti. Ma il voto contrario del ministro Gilberto Pichetto Fratin, che sarà sicuramente affiancato
dal suo collega polacco e dall’astensione di quello Bulgaro, non sarà sufficiente a formare quella minoranza di blocco necessaria per bocciare il provvedimento. Insomma, una sconfitta annunciata, tranne improbabili colpi di scena dell’ultima ora. Il vicepremier, Matteo Salvini, è convinto che la partita non sia finita. E da tutti i partiti della maggioranza c’è una vera e propria levata di scudi a difesa dei biocarburanti, il settore dove l’Italia ha da tempo una posizione di leadership. Sul piede di guerra anche i rappresentanti del settore. «L’accordo fra l’Ue e la Germania rappresenta un brutto segnale, è una soluzione pasticciata che rischia di escluderci dal mercato », spiega a Qn Piero Gattoni, presidente del presidente del Consorzio Italiano Biogas, l’associazione che mette insieme oltre 800 aziende agricole associate e 200 imprese produttrici.
COSA SONO
I biocarburanti sono, in sostanza, combustibili ottenuti in modo indiretto dalle biomasse, ovvero da fonti rinnovabili come grano, mais, bietola, canna da zucchero e altri prodotti. «In Italia – spiega Piero Gattoni siamo da tempo un modello di eccellenza a livello europeo, anche perché si tratta di un settore dove è possibile una forte integrazione fra la filiera agricola del made in Italy e la produzione di combustibili sostenibili». Da questo punto di vista il biometano non solo è «carbon neutral » ma ha addirittura un saldo positivo «perché consente di essere utilizzato per arricchire i nostri terreni». Rispetto al diesel
classico, costa dieci centesimi in più alla pompa. «Per questo stentiamo a capire le ragioni per le quali l’Europa continua ad utilizzare solo particolari criteri di valutazione che penalizzano questo combustibile».
CHI LI PRODUCE
In Europa il maggior produttore è il finlandese Neste Oil nelle raffinerie di Rotterdam e Singapore. Al secondo posto troviamo l’Eni, con i suoi impianti di Marghera (Venezia) e Gela (Caltanissetta). Attualmente il «cane a sei zampe» produce circa 1,1 milioni di tonnellate l’anno con l’obiettivo di triplicare entro il 2025 e di arrivare a 5 milioni entro il 2030. In particolare, la quota coperta con il biometano è pari a 700mila metri cubi, il 40% dell’intera produzione di gas naturale usato nei trasporti.
«Si tratta di un settore di eccellenza, non a caso 1’80% dei veicoli che usa questo combustibile si trova in Italia aggiunge Gattoni negli ultimi dieci anni abbiamo investito in questo settore circa 5 miliardi di euro».
CHE COSA SUCCEDE ORA IN ITALIA
«Occorre lavorare a livello europeo per trovare nuove alleanze spiega ancora il presidente del Consorzio Biogas Ma il settore non è affatto finito. C’è tutto il trasporto pesante, le navi e l’aviazione. E possiamo inoltre contare sui finanziamenti del Pnrr per lo sviluppo del biogas destinato al consumo delle industrie
». Insomma, non è affatto un de profundis. E lo sa bene anche l’Enfi che punta soprattutto nel settore dell’aviazione, dove l’elettrificazione è una meta molto lontana e dove se davvero si vuole decarbonizzare l’unica rotta è quella dei biocarburanti. Attualmente l’Italia consuma 4,5 milioni di tonnellate all’anno
di cherosene per l’avio. Basterebbe sostituire questo combustibile per dare un futuro al settore, anche senza l’auto.
@ilgiorno