«La svolta? Biofuel e idrogeno Così ripartirà la filiera dell’auto»

Il rinvio della decisione europea sullo stop alla produzione di motori termici dal 2035 «rappresenta una svolta dice il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso e apre una discussione ampia che coinvolge diversi dossier, dall’introduzione dell’Euro7 agli standard sui mezzi pesanti, dai regolamenti sul packaging, alle microplastiche, all’ecodesign. Questioni che determinano la competitività delle imprese italiane ed europee. Abbiamo il merito di aver mostrato che il re è nudo. Ora bisogna andare avanti».

Come?
«Sono convinto che la posizione italiana diventerà maggioritaria. Altri Paesi in queste ore ci hanno manifestato il loro consenso. E nel 2024 ci saranno le elezioni europee e cambierà sia il Parlamento sia
la Commissione. Nel frattempo, noi abbiamo aperto una riflessione sul fatto che la transizione green non può fondarsi solo sull’elettrico, che invece è uno dei mezzi per raggiungere il risultato insieme a Biofuel e idrogeno».

Perché?
«La situazione è profonda mente cambiata, con la pandemia e con la guerra. Bisogna ricondurre’ intere filiere produttive in Europa e raggiungere l’autonomia energetica. Ho riscontrato particolare attenzione su questo dei due commissari con cui mi confronto, Vesteger e Breton. In tale contesto va vista la transizione green nel settore auto. Se altre tecnologie oltre l’elettrico, come i carburanti biologici e l’idrogeno, dove l’Italia è in posizione avanzata, garantiscono gli stessi risultati in termini di emissioni
zero, perché non battere anche queste strade?».

Servono investimenti.
«Sì. Gli Stati Uniti hanno tre programmi di investimento, su infrastrutture, tecnologie e industria, per quasi 2mila miliardi di dollari. Anche l’Europa deve mobilitare ingenti risorse, a partire da Pur e RepowerEu. E ha bisogno di un fondo sovrano europeo per acquisti comuni di materie prime critiche e di nuove regole commerciali a tutela delle produzioni Ue».

Pensa a dazi verso la Cina?
«Dobbiamo contrastare la concorrenza sleale rappresentata da prodotti realizzati fuori dall’Ue che non rispettano i nostri standard ambientali e sociali. L’Europa non  può andare al traino della. Cina, che ha raggiunto una supremazia sulle materie prime critiche, come le terre rare, le tecnologie green e i semiconduttori e allo stesso tempo deve evitare lo spostamento di produzioni negli Stati Uniti».

E già successo con Stellantis, che investirà 155 milioni in Usa.

«Gli Stati Uniti hanno deciso di incentivare con 7.500 dollari l’acquisto di ogni auto elettrica se costruita in quel Paese e con componentistica del Nord America. Per questo l’Italia ha suonato la sveglia in Europa. Altrimenti rischiamo di trasformare il vecchio continente in un bel museo anziché in un polo tecnologico globale. Sull’autornotive ho aperto una riflessione sugli incentivi, perché finora sono andati per 1’80% a vetture fatte all’estero, sia pure spesso con componentistica italiana. Bisogna riorientare gli incentivi in chiave nazionale».

Di tutti questi temi ha parlato con il ministro francese Le Maire, l’altro ieri?
«Sì, certo. E abbiamo sottoscritto una dichiarazione congiunta sulla politica industriale in 17 punti, molto importante. Che arriva a pochi giorni dall’entrata in vigore del Trattato del Quirinale firmato un anno fa tra Italia e Francia, che prevede appunto un foro di consultazione bilaterale ministeriale e l’istituzione di gruppi di lavoro, già attivati da alcune settimane. Ecco perché il documento contiene indicazioni così forti sulla governance europea, sul rilancio dei rapporti bilaterali, anche nel settore spaziale, e importanti affermazioni sulla politica industriale e sulla transizione green».

La Francia però non sembra così interessata a bloccare l’elettrico.

«Nemmeno l’Italia, anche se è vero che sul punto noi abbiamo posizioni più simili a quelle della Germania, che, come noi, punta a valorizzare il biofuel e l’idrogeno».

La dichiarazione segna il disgelo con la Francia?

«Segna la volontà di attuare nel migliore dei modi il Trattato del Quirinale. Un percorso che servirà a determinare le scelte comunitarie in questa fase così decisiva. In questo senso auspico che un rapporto analogo si instauri con la Germania, così da costituire un format trilaterale tra le grandi potenze industriali, tra l’altro fondatrici dell’Europa. II che non esclude affatto rapporti paritetici con gli altri membri Ve».

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