Europa senza strategia sull’auto «Sfida competitiva con la Cina»

Sono passati sei mesi da quando Luca De Meo, amministratore delegato di Renault, è stato nominato alla guida dell’associazione europea dei costruttori di auto (ACEA). È l’occasione di fare il punto con lui su alcune tematiche d’attualità, e soprattutto guardare a più lungo termine. In una conversazione con alcuni giornali europei, tra cui Il Sole/24 Ore, il dirigente d’impresa ha esortato l’Unione europea a darsi una strategia di lunga lena in campo automobilistico. «Se dovessi riassumere, direi che gli Stati Uniti tendono a stimolare l’attività economica, la Cina tende a guidarla, e l’Unione europea tende a regolamentarla», analizza Luca De Meo, 56 anni. «Regolamentare, tuttavia, non basta per creare una strategia o una politica (…) In questo contesto, l’ACEA vuole essere parte della soluzione, non del problema. Siamo a favore della transizione ambientale, certo non l’abbiamo rifiutata, ma si tratta, ripeto, di avere una strategia complessiva». Lo sguardo corre oltre le mere regole ambientali. L’Unione europea, secondo il dirigente di Renault, tende a regolamentare, prevedendo scadenze ed eventualmente sanzioni. Manca ai suoi occhi uno sguardo d’insieme, essenziale per competere con l’industria cinese o americana. Il presidente di ACEA mette quindi l’accento sull’intera catena di valore: dalle infrastrutture per la ricarica delle auto elettriche all’economia dei dati, fino agli aspetti legati alle fonti energetiche. Due capitoli sono oggi controversi. Il primo riguarda un accordo tra Regno Unito e Unione europea del 2020 sull’origine della componentistica: dal 2024 in poi, il 45% di una auto elettrica nell’import-export con la Gran Bretagna dovrà essere europeo. In caso di non rispetto della regola, le società saranno chiamate a versare dazi del 10%. «Sono regole impossibili da rispettare oggi», nota il nostro interlocutore, soprattutto perché le batterie spesso non sono ancora prodotte in Europa. L’ACEA chiede quindi a gran
voce un rinvio di tre anni dell’entrata in vigore dell’intesa, firmata in occasione dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. «La vicenda sta mettendo sotto pressione l’industria europea proprio in un momento in cui l’establishment politico vuole promuovere la produzione industriale sul territorio comunitario», fa notare il presidente dell’associazione di categoria, che parla del rischio di un mancato export per «miliardi di euro». Un altro aspetto controverso è quello delle emissioni auto con motori Euro 7. Secondo uno studio di Frontier Economics, commissionato dall’ACEA, il regolamento presentato dalla
Commissione europea e ora in discussione al Parlamento e al Consiglio comporta un aumento dei costi di produzione di circa 2.000 euro per auto, ossia 4-1o volte più di quanto stimato dall’esecutivo comunitario. Peraltro, aggiunge Luca De Meo, con vantaggi ambientali “limitati”. Tornando alle questioni più generali, l’amministratore delegato di Renault punta il dito contro ciò che ritiene un eccesso di regolamentazione, causato forse anche dalle costrizioni sugli aiuti di Stato in una unione sempre confederale. Parla di «gigantesco esercizio burocratico», pur facendo proprio il Patto Verde (in inglese, il Green Deal). «Il problema è come fare dell’Europa il posto più ecologico al mondo (…) In questo senso, dobbiamo allineare le politiche con i fatti. Non i nostri fatti, ma i fatti». Tra gli esempi di
«regolamentazione eccessiva» il dirigente d’impresa cita il regolamento dedicato alla sicurezza delle automobili, che entrerà in vigore l’anno prossimo. “Verrà a costare 400-500 euro in più per veicolo. Verranno aggiunte ad ogni auto 18-22 funzioni, molte delle quali non interessano al cliente finale (…) L’ammontare di 400-50o euro è lo stesso, sia per una Fiat 50o che per una Mercedes Classe S. L’impatto sul prezzo di una Fiat 50o è evidente…». Nel regolamentare, la Commissione europea punta a completare il grande mercato unico, ma anche a creare nuovi standard da imporre a livello internazionale. Si tratta del cosiddetto Brussels Effect. In campo automobilistico, l’impatto però rischia di essere controproducente. «Il mercato mondiale è di 85 milioni di auto, di cui 13 milioni vendute in Europa. Le case produttrici non hanno l’incentivo a seguire le regole europee, perché il mercato è soprattutto altrove». Peraltro, si sta creando un divario: mentre l’Europa accelera nel regolamentare, altre aree del mondo rallentano. «Non stiamo rifiutando il progresso, al contrario – precisa ancora il nostro interlocutore -. Con le auto elettriche, è iniziata una nuova partita. l cinesi hanno una generazione di vantaggio. In questi anni, si seno assicurati una catena di valore, a differenza di noi La produzione in Europa. Sulle linee di assemblaggio della Renault europei. In Cina, sono venduti ogni anno 6-7 milioni di auto elettriche; in Europa appena un milione», Nel frattempo, nel Nord della Francia, il dirigente di Renault sta lavorando alla nascita del «più grande ecosistema europeo perla produzione di auto elettriche», pur di dimostrare che l’Europa è ancora competitiva. «Stiamo lottando come leoni, riducendo, per ogni auto, i componenti a meno di 1000 e le ore trascorse nell’impianto a meno di io (…) Vogliamo difendere la produzione europea, ma per questo abbiamo bisogno dell’appoggio dei regolatori e dei politici, anziché dover affrontare scadenze e punizioni».

@ilsole24ore

Share
Leave comment