La grandeur di Macron per le nuove gigafactory da realizzare in Francia

«I risultati non cadono dal cielo, sono il frutto di sei anni di lavoro. La Francia si sta adattando al mondo». Emmanuel Macron non si è nascosto dietro un dito dando il via al progetto della taiwanese Prologium a Dunquerque. Investimenti previsti 5,2 miliardi di euro in una gigafactory che produrrà batterie allo stato solido per automobili elettriche. Nessun mistero. L’Unione europea ha trovato a febbraio un punto di equilibrio per rendere meno stringenti le norme sugli aiuti di Stato. E da lì è partita di slancio la grande corsa. La Francia, che ha lavorato alacremente per questo risultato, ha prontamente presentato un pacchetto di crediti d’imposta Verdi, che può valere fino al 40% dell’investimento di capitale di una società in progetti eolici, solari, pompe di calore e batterie. «Un livello di sostegno alla grande industria più alto della media, che si ferma al ioi5%», ha dichiarato Marc Mortureux, che guida la lobby automobilistica transalpina Plateforme de la filière automobile (Pfa). «Ora siamo a livelli di incentivo in linea con quelli dell’IRA statunitense». Il cambio di passo di Bruxelles, in effetti, è derivato proprio dal confronto con la realtà: l’Inflation Reduction Act, legge green da 400 miliardi di dollari passata lo scorso agosto a Washington, che attrae dall’altra parte dell’Atlantico, proprio per la produzione di batterie, colossi del calibro di Volkswagen o Stellantis, minacciava di desertificare l’Europa. Ecco perché si è optato per briglie un po’ più sciolte. Opzione che finirà per favorire i Paesi
con una migliore posizione in fatto di debito pubblico. Ma che consentirà all’Europa di puntare verso il traguardo fissato dal Net Zero Industry Act per le batterie, ovvero produrre entro il 2030 il 90% del fabbisogno. Obiettivo molto ambizioso. Al momento la Cina rappresenta il 75% dell’intera produzione, a cui bisogna aggiungere altri hub orientali come il Giappone e Taiwan. La scelta di Parigi è chiara: fare di
un’area un tempo a vocazione mineraria (carbone) un hub per l’industria delle batterie per auto, con relativa creazione di posti di lavoro. La Grandeur declinata nella transizione ecologica, ma anche alla ricerca di una ritrovata competitività europea. In più Macron attraverso risultati sul versante dell’industria e dell’occupazione cerca di liberarsi dell’immagine negativa frutto di mesi di proteste per la riforma sulle pensioni. Ma Germania in vantaggio La Francia, quindi, fa sul serio, ma parte in svantaggio rispetto alla Germania. Compreso l’impianto da 48 gigawattora (GWh) di ProLogium, ha 169 GWh di siti pianificati o esistenti, ben al di sotto 545GWh tedeschi e vede davanti anche l’Ungheria, con 215 GWh, secondo la RWTH Aachen University in Germania. Oltre a ProLogium (incentivi pubblici per i miliardo di euro, ancora in attesa di approvazione da Bruxelles), ci sono la cinese Envision AESC, la startup locale Verkor e la jv paritetica tra Stellantis, Mercedes-Benz e TotalEnergies a Douvrin, nel Nord Est della Francia. L’investimento complessivo è di oltre 7 miliardi, di cui circa 840 milioni di sussidi, compresi i fondi per la ricerca e lo sviluppo, secondo il ministero francese delle finanze. Ipotesi BYD e Tesla Ma non è tutto. Anzi, il meglio può ancora venire. Parigi sta corteggiando il gigante cinese BYD, alla ricerca
del sito giusto perla sua prima fabbrica di auto elettriche in Europa, e Tesla, dopo l’incontro di metà maggio tra Elon Musk e il presidente. «In futuro potremmo fare grossi investimenti in Francia», ha rivelato il tycoon. Eh sì, la Francia fa sul serio.

@ilsole24ore

Share
Leave comment