Il recupero che conviene. C’è tutto un indotto che ha fiutato l’affare e che si è strutturato per dare una seconda vita a ciò che produciamo

Fino a ieri: si costruiva e si gettava. Da oggi in poi: si costruisce e si recupera. Un cambiamento epocale, dettato non solo da motivazioni culturali o etiche. È più conveniente – anzi in alcuni casi necessario – adottare i principi dell’economia circolare, secondo i quali addirittura si pianifica l’intero ciclo di vita di un prodotto. Così già in sede di progettazione si scelgono determinati materiali che abbiano una chiara destinazione finale (la moda ad esempio fino a ieri è stata la più grande produttrice di beni non recuperabili); si selezionano sempre di più prodotti che non inficiano il successivo recupero; si predispone la catena di controllo dell’intero ciclo di vita fino a creare addirittura strutture adibite a riciclare il più possibile. Questo vale in agricoltura e nel settore di trasformazione agroalimentare – dove scarti e residui o trovano nuovi utilizzi o diventano fonti energetiche (biometano) e compost fertilizzante –, ma anche in quei templi dell’industria “classica” che sono le fabbriche di automobili.

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